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Perchè aiutarci

Prima di tutto dobbiamo capire che li patrimonio culturale, quello storico e naturale esistente nel mondo ha valore solo nella loro esistenza.

Anche ognuno di noi che vive nel presente, guarda al patrimonio per ottenere informazioni importanti e talvolta per provare fatti storici importanti.

Tuttavia, a causa dell’inquinamento ambientale, delle guerre e dei disastri naturali, il patrimonio viene quotidianamente danneggiato.

Con le attività dell’ABCOnlus specialmente nel digitale offriamo dei sistemi innovativi che hanno come obbiettivo un abbassamento ed ottimizzazione dei Costi e uno snellimento nei Processi Lavorativi, diminuendo i Tempi, accorciando le Distanze e togliendo le barriere Architettoniche e Territoriali che ci circondano.

 

“Abbiamo quindi il dovere etico di fornire sostegno nel nostro piccolo con un contributo.”

 

Mettiamo a disposizioni le competenze acquisite negli anni per AIUTARE ad AIUTARE a promuove, valorizzare e tutelare il nostro Patrimonio Cultuale, Storico ma anche le Eccellenze e le Tradizioni locali.

 

Vogliamo creare una nuova “Economia della Cultura“, un nuovo modo di vivere senza dimenticare la nostra STORIA perché ci insegna e non ci fa ripetere gli stessi errori.

 

Facendo questo preserviamo la nostra eredità per le generazioni future. 

 

ENTRA anche TU nell’ABCOnlus e/o AIUTACI a realizzare questo NUOVO MONDO!

 L’ABCOnlus condivide i principi sottoscritti dalla Convenzione di Faro sancita il 27 ottobre 2005 nella città portoghese che è la “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società”.  – perché è un testo davvero rivoluzionario sulla tutela del patrimonio culturale, e in linea con lo spirito e l’etica della nostra associazione.

 

La Convenzione di Faro presenta notevoli caratteri di novità, a partire dalla stessa concezione del patrimonio culturale, che nella legislazione italiana, erede delle norme definite nel corso del Novecento e in particolare nella Legge 1089 del 1939, è ancora oggi legata alla centralità delle “cose”.

 

Si introduce, infatti, una visione estremamente più ampia di patrimonio culturale, inteso come «un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione» e soprattutto affida uno specifico ruolo, una grande responsabilità e un protagonismo prima impensabile alle “comunità patrimonio”, cioè:

 

«un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future» (art. 2).

 

 

È un testo davvero rivoluzionario perché ribalta il punto di vista tradizionale:

  • dell’autorità, spostata dal vertice alla base;
  • dell’oggetto, dall’eccezionale al tutto;
  • del valore, dal valore in sé al valore d’uso e, dunque, dei fini, dalla museificazione alla valorizzazione, come ha efficacemente sottolineato un grande economista della cultura recentemente scomparso, Massimo Montella.
  •  

 

Si segna, in tal modo, il passaggio dal “diritto del patrimonio culturale” (nel quale il nostro Paese ha una lunga e gloriosa tradizione) al “diritto al patrimonio culturale” (nel nostro Paese ancora tutto da affermare).

 

Non sono più, cioè, solo gli specialisti, i professori e i funzionari della tutela a doversi ritenere gli esclusivi responsabili (a volte addirittura proprietari) del patrimonio culturale, ma sono tutti i cittadini, le comunità locali, i visitatori ad assumere un nuovo ruolo nelle attività di conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione.

 

Non si escludono – sia ben chiaro – gli specialisti e i professionisti, come affermano alcuni oppositori.

 

Ma si affida loro un nuovo e più impegnativo ruolo nella società contemporanea, nel rapporto con le “comunità di patrimonio”, con l’associazionismo, con la cittadinanza attiva.

 

Si sottolinea, infatti, che:

 

«chiunque da solo o collettivamente ha diritto di contribuire all’arricchimento del patrimonio culturale» (art. 5).

 

Si ribadisce in più modi la necessità della partecipazione democratica dei cittadini «al processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale», si attribuisce a tutti un ruolo attivo, riconoscendo il diritto (e il dovere) di partecipare alla conoscenza, alla tutela, alla valorizzazione e alla gestione del patrimonio.

 

Si invitano i Paesi sottoscrittori a:

«promuovere azioni per migliorare l’accesso al patrimonio culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza sul suo valore, sulla necessità di conservarlo e preservarlo e sui benefici che ne possono derivare» (art. 12).

 

Si afferma il diritto, individuale e collettivo, «a trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento» (art. 4)

ed evidenzia la necessità che il patrimonio culturale sia finalizzato all’arricchimento dei «processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale e di pianificazione dell’uso del territorio, …» (art. 8).

 

La Convenzione di Faro allarga il concetto di patrimonio culturale anche a «tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi» e impone che il patrimonio culturale vada tutelato e protetto non tanto per il suo valore intrinseco ma in quanto risorsa per la crescita culturale e socio-economica.

 

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